DIRITTO ALL’OBLIO
Nel nostro Ordinamento il concetto di Diritto all’Oblio è stato per la prima volta recepito dalla Cassazione con la Sentenza n. 16111/2013 ritenendolo un aspetto non secondario del generale Diritto alla Riservatezza previsto e disciplinato dall’art. 12 della Costituzione.
La Suprema Corte nella suddetta pronuncia definiva il Diritto all’Oblio come “il giusto interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai danni che arreca al suo onore e alla sua reputazione la reiterata pubblicazione di una notizia in passato legittimamente divulgata”.
Il Diritto all’Oblio è stato finalmente normativamente previsto dall’art. 17 comma 1 del GDPR come il diritto ad ottenere la cancellazione dei propri dati sensibili da chi li detiene anche legittimamente.
La Corte di Giustizia della Comunità Europea già nel 2014 aveva condannato la Google alla cancellazione delle indicizzazioni relative ai propri dati personali su richiesta dei cittadini europei interessati, a meno che non vi fossero particolari ragioni legate al diritto di cronaca o alla funzione pubblica ricoperta dal soggetto.
Lo scorso 25 novembre, la Corte Europea (CEDU Sez. 1 Sent. 25.11.2021 – Ric. 77419-1), ha ribadito tale principio condannando al risarcimento dei danni una testata giornalistica che non aveva provveduto alla deindicizzazione di un articolo di cronaca.
Il Diritto all’Oblio viene materialmente tutelato mediante la deindicizzazione della ricerca ovvero mediante la rimozione del link ma non è applicabile nel caso in cui, per eventi sopravvenuti, il fatto precedente ritorni di attualità e rinasca un nuovo interesse pubblico all’informazione ciò in ragione della necessaria contemperazione tra il diritto alla riservatezza del soggetto ed il diritto alla informazione della collettività.